martedì 15 maggio 2012

Un giorno ti porterò laggiù.

Joyce Carol Oates

"Indossavano la loro vita come fosse un indumento".
La vita, l'identità, l'amore, di queste cose e molte altre parla il libro della Oates. Ma cominciando dal principio, questa storia è narrata in prima persona da una narratrice che non svelerà mai il suo nome, non a caso, dato che non sa nemmeno lei quale sia la sua identità. Inizia narrando i fatti accaduti alla Syracuse University, parla del suo disperato bisogno mai soddisfatto di essere accettata, amata e ricerca questo amore in persone che non potranno mai darglielo: prima con le superficiali e sempliciotte della Kappa Gamma Pi, attente a sembrare le studentesse modello tra un party e l'altro in cui fanno a pezzi la loro dignità e reputazione. Poi prova con Vernor Matheius, brillante dottorando in filosofia nero, si butta a capofitto in una relazione da scandalo per l'epoca e si prostra, si annulla, cerca di fare la "brava ragazza", perché così in cambio avrebbe ottenuto il suo amore, e sbaglia ancora distruggendo la sua identità per plasmarla a immagine di lui, senza riuscire mai ad ottenere nemmeno l'affetto di quest'uomo. Infine intraprende un viaggio, un lunghissimo viaggio in cui finalmente si ritrova sola, e cresce, forse ritrova se stessa, e insieme a questo l'amore del padre.
La Oates ha un talento che stordisce, tesse trame che ti avviluppano e non ti lasciano chiudere il libro finché non lo hai terminato. Ha delle soluzioni metaforiche che tendono al lirico e talvolta invece un linguaggio quasi osceno. A seconda delle situazioni ha un linguaggio terreno, carnoso e a volte invece vago e fatuo, inconsistente. E' così profondo il ritratto di questa giovane donna che ti chiedi, ogni tanto se non sia proprio tu ad esprimere i suoi pensieri. Da leggere!
M.C.