domenica 17 luglio 2011

27 giugno.


Nadia giocava con i bottoni della camicia di B. la notte stellata sembrava sussurrare, e i loro sorrisi avevano voce. Le loro labbra si incontrarono naturalmente. Lui le si avvicinò con un passo, le sfiorò il viso e la baciò. Nadia non credeva possibile che si potesse essere tanto felici tutto in un istante, non credeva che un bacio così delicato potesse essere invece così forte da incastonare, incatenare, imprigionare l’essenza di lui in un posto dentro di lei che non avrebbe più abbandonato. Lo respirò per la prima volta.

Respirarti è una vibrazione indescrivibile.

Ed era come se respirasse per la prima volta qualcuno, era come se non avesse mai amato prima.

Il tocco leggero ma deciso.

Quella notte ballarono. Anzi, a dire il vero, lui ballò, lei aveva solo osservato da lontano, ma dovunque fossero, in quelle stanze, non vi erano altri occhi da guardare, altre voci da ascoltare se non le loro. Il contorno era superfluo, lo sapevano entrambi, ma fingevano, come si fa in queste occasioni, che tutto fosse casuale, ancora da decidere, insicuro, un’eventualità e non una certezza. I giochi di finzione, le consapevolezze celate, i balzi al cuore, le aspettative invalicabili è questo quello che rende l’inizio di ogni storia così impagabilmente romantica.

Ci si perde camminando, ma l’inizio è sempre grandioso.

Nostalgia, nostalgia canaglia!

Autobiografismo dilettantistico a manetta.

M.

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