lunedì 11 novembre 2013

Equilibrium

Recensione

Joel Dicker
La verità sul caso Harry Quebert
Bompiani
19,50, 770pp. 


Finito da poche ore il secondo romanzo di Joel Dicker, scrivo qui qualche riflessione, come sempre. Il romanzo è costruito su illusioni e le prime cento pagine non fanno eccezione: sembrano infatti premesse sbrodolate e inutili, che magari possono anche far spazientire, narrano in poche parole la storia di Marcus Goldman che, dopo il successo del primo romanzo, viene colpito dalla peggiore malattia della scrittore, il blocco di fronte alla pagina bianca. Questa premessa che sembra troppo lunga, non lo è: getta le basi di tutte le analogie che collegheranno in protagonista al suo mentore: Harry Quebert. 
Questo romanzo, poi, sembra uno scritto senza qualità: un gialletto che leggeresti sotto l'ombrellone, e per certi versi lo è: perchè snocciola frasi stucchevoli e ingenue e dispienga un concetto dell'amore banale, per certi versi. Lo è anche per le descrizioni ad esempio: "il tempo era bello, i colori vividi, l'oceano immenso" (p.554) che si potrebbe attribuire a un temino di scuola. Lo scrittore non è abile infatti a tessere frasi poetiche o tecniche stilistiche sbalorditive. Ma non ne ha bisogno! No, perché il suo talento consite nel creare una trama così fitta, complicata e mistriosa che il lettore è costretto a terminarlo.
Inoltre non è un semplice giallo, è un romanzo d'artista: ovvero quel genere di romanzo in cui si testimonia la nascrita di uno scrttore con tutte le difficoltà che incontra. E' anche un meta romanzo, che si conchiude in struttue concentriche: cioè è un romanzo che parla della stesura del romanzo stesso. Lo si può definire un romanzo post moderno anche per i numerosi riferimenti letterari: la Lolita di Nabokv in primis, e poi per le diverse tecniche narrative che usa per raccontare gli eventi:  sembra essere un diario redatto in prima persona dal narratore Marcus Goldman, ma vengono anche inseriti: brani di lettere, articoli di giornali, trascrizioni di registrazioni, e (la parte originale) brani del romanzo che si sta scrivendo con un narratore in terza persona. 
Alcune descrizioni di personaggi sono superficiali, altre invece sorprendenti per la loro complessità. Dei dialoghi spiaccano per intelligenza e per l'effetto di realismo comico che suscitano. Inoltre si ha la cronaca di Goldamn che diventa srittore tramite le 31 lezioni di vita/scrittura che gli impartisce Quebert. Quuste rappresentano uno dei punti deboli del libro: sono frasette scontate, che però hanno lo scopo di introdurre quello che la narrazione sta per raccontare.
Quindi sì, è un romanzetto giallo fruibile in spiaggia, ma è anche molto di più: sperimenta, ma senza violare mai la regola fondamentale secondo cui ogni gesto, evento o situazione ha delle conseguenze che devono essere narrate.
Lo consiglio? Non saprei, ma sicuramente dà una grande lezione sull'equilibrio e il potere dello scrittore sulla trama del suo libro.
MC

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