Raccontino che ho scritto per il mio corso di scrittura creativa, che non ha passato la selezione tra altri due e quindi ripropongo qui.
Gocce
di pioggia cadevano dall'alto come proiettili su una bara nera e lucida, con
sopra sparsi fiori rosa e bianchi. Attorno teste nere su giacche grigie. Poi
Jared alzò lo sguardo verso l’alto, i suoi occhi brillarono alla luce riflessa nella
pioggia.
«Fai
qualcosa!» Gridò «Ti prego, riportala da me» disse con la voce incrinata e si
accasciò in ginocchio. Le altre persone lo guardarono sconcertate, qualcuno
tirò su col naso. Poi la bara scomparve nel terreno.
Qualche
giorno prima Jared stava scrivendo qualcosa sul diario alla scrivania. Ogni
tanto alzava la testa e si guardava in torno con aria furtiva. Si alzò a
mettere su il caffè, poi tornò al tavolo, la sua attenzione sembrava vacillare
tra il diario e i fantasmi che inseguiva con lo sguardo. La puzza di bruciato
sembrò portarlo alla realtà: corse alla macchinetta, ma ormai era inutilizzabile.
Furioso, buttò tutto nella spazzatura e uscì da casa.
Quando
raggiunse il bar che frequentava ogni mattina, si illuminò scorgendo Julia che
sorseggiava un caffè leggendo il giornale.
«Ciao
Amore!» esclamò lei.
«Buongiorno»
disse lui, fermandosi quasi subito, interdetto. Poi si sedette al tavolo con
lo sguardo perso nel vuoto.
«Ma
cosa c’è che non va in questi giorni?»
«Non
so, ho una strana sensazione, ma nulla di ché davvero non preoccuparti!»
«Strana
come? Sei così distratto... Sai che puoi parlarmi di tutto»
«Mah
non so, mi sembra di essere Neo il protagonista di Matrix, l’hai visto no?»
«Sì
sì»
«Si
ecco, mi sembra che nella mia vita ci sia qualcosa di sbagliato, ma non so
spiegarti bene cosa. Per esempio, non ti è mai capitato di trovarti in un luogo
senza ricordarti come ci fossi arrivata? Come in un sogno: non so sempre perché
sto per dire qualcosa, ma poi la dico lo stesso...»
«Si,
certo a volte mi capita, ma è per via dello stress, a volte sono così presa a
pensare ad altro che non so com’è che faccio certe cose, magari anche tu sei
troppo stressato sul lavoro. »
«Ma
tu non hai mai la sensazione che la tua vita sia stata messa un un binario dal
quale è impossibile deragliare? Ogni tanto penso di non avere il controllo
della mia vita. Ma forse sono solo stanco. » Non appena pronunciò quest’ultima
frase sbarrò gli occhi
«Di
nuovo, ecco! cosa ti dicevo?»
«Cosa?
»
«Proprio
adesso, non volevo dire che fossi solamente stanco eppure l’ho detto lo stesso»
L’espressione si fece prima stanca, abbattuta, poi però si scosse come se gli
fosse venuta in mente un’idea.
«Ti
ricordi cosa hai fatto questa mattina, prima di venire qui? »
La
domanda la sorprese, poi con un leggero rossore affermò «Certo che mi ricordo,
Jared! Che domande!»
«D’accordo,
lasciamo perdere, non voglio turbarti, risolverò la cosa a modo mio.»
Uscì
di corsa dal bar, pioveva e le strade erano scivolose, si fermò sul ciglio
della strada poi sorrise e si lanciò nel traffico, l’impatto con il taxi
sarebbe stato inevitabile se il conducente non avesse sterzato andando a finire
in un cassonetto dei rifiuti.
Jared
si alzò ancora intero e soddisfatto, non aveva notato che Julia era con i palmi
delle mani schiacciati sul vetro del bar, sconvolta. Quando vide che Jared era
ancora intero, corse da lui e cominciò a insultarlo a gridare e mollargli
ceffoni. Lui la trasse a sè divertito, le sussurò qualcosa all’orecchio e poi
scomparve in un vicolo.
Quando
raggiunse il suo ufficio, al decimo piano di una palazzina di venti, dopo aver
sistemato la valigetta accanto alla scrivania, essersi sfilato la giacca e
allentato il nodo della cravatta, afferrò un pennarello e raggiunse il bagno.
Ancora con un sorriso sulle labbra si mise a scrivere qualcosa sul vetro e
uscì.
“Sta a vedere”
Aprì
la porta che dava sulla stanza del capo, l’unica le cui finestre erano così
ampie da occuparne tre lati. Era vuota, quindi si avvicinò alla finestra e vi
appoggiò una mano sopra. Poi si decise ad aprirla e scavalcarla.
Si
trovava ora appiattito al muro del palazzo, con occhi spiritati e il sudore
grondava dappertutto, tremava mentre pronunciò quelle che avrebbero dovuto
essere le sue ultime parole.
«So
di non essere pazzo, so che esisti, qualsiasi cosa sia scrittore, autore,
macchina, Dio, se ho ragione sopravvivrò.» disse e si lasciò cadere dal tetto.
Un urlo proveniente dalla strada squarciò il silenzio era Julia che si accasciò
esanime.
Jared
volava verso il terreno ma la caduta venne attutita da un dehor proprio sotto
il suo ufficio, il suo corpo venne sblazato su un’auto. Nessun movimento, ma
era ancora vivo. L’ambulanza che arrivò dieci minuti dopo lo portò in
rianimazione. Julia rimase lì in strada, coperta da un lenzuolo bianco.