Fiotti
di acqua incontenibile sgorgavano e a traboccavano dalle finestre, rumore di
vetri che si incrinano, mattoni che franano. Prima che potessi formulare un
pensiero l’acqua era dappertutto: in bocca, negli occhi, nei polmoni.
La
sera prima avevo spento la tv dopo aver guardato una puntata di un telefilm
noiosissimo e assurdo, e mi ero addormentata con una sensazione strana al
petto. Come sempre, quando vivi una situazione perturbante, qualsiasi elemento
esterno ti riporta lì, e nella puntata in questione c’erano abusati cliché di
coppie felici e amori non corrisposti. Niente di originale, sia chiaro, ma
ricordava la mia di situazione.
Mi
alzai la mattina dopo e come tutti i giorni raggiunsi la biblioteca dove
studio: una teca di vetro immersa in un parco.
Un’ora
e mezza dopo alzai lo sguardo dal libro che stavo leggendo e dei riccioli
biondi catturarono la mia attenzione. Vidi una ragazza con occhi azzurri, pelle
molto chiara e questi boccoli che contornavano il viso, tutta la figura rivolta
verso di me aveva un ché di angelico, in quell'istante sentì qualcuno che aveva
posato la mano sulla mia spalla, alzai lo sguardo e lo vidi: il sorriso a mezza
luna che sembrava strapparmi il cuore dal petto ogni volta che si apriva.
«Ciao
Marco»
«Hey
come va? Ci prendiamo un caffè?»
«No
adesso, non p…»
«Scusa,
un attimo. Hey Elena! Quanto tempo» aggiunse e si avvicinò al tavolo della
ragazza con i boccoli d’oro. Da quel momento in poi era come se fossi sparita.
Dico proprio sparita, nel vuoto, nel nulla. Buio totale. Si susseguirono
giornate in cui parlavo con lui circa cinque minuti, prima che Elena
comparisse. Il cuore, i sogni ad occhi aperti, la storia della nostra vita,
tutto stava andando a rotoli, almeno la vedevo così in quel momento. Vedevo il
muro della mia vita perdere pezzi, sgretolarsi, e insieme a lui tutte le
immagini di me.
Poi
mi accorsi una mattina che Chuck, proprio lui, il personaggio più viscido di
tutta la storia dei telefilm, era al bancone della biblioteca a concludere un
prestito per un’anziana signora, sul momento non mi sembrò troppo strano. Non
mi sembrò strano nemmeno sentire me stessa chiedergli dei consigli di cuore:
dato che lui era innamorato di una tizia che stava per sposarsi, mi sembrava
abbastanza ferrato sul tema degli amori non corrisposti.
Con
l’onda di capelli ingellata e un sorriso obliquo, mi disse che secondo lui
l’unico modo per riprendermi Marco era eliminare Elena e lui sarebbe stato
dalla mia parte se avessi voluto procedere. Aveva un piano.
Ero
interessata, non mi ero mai sentita così vuota, umiliata e arrabbiata: ero
disposta a tutto pur di riaverlo. Quindi io e Chuck cominciammo a discutere del
piano: per prima cosa era necessario scoprire dove abitasse Elena, e per questo
motivo quella sera la seguimmo fino a casa.
Eravamo
lì io e Chuck, intirizziti dal freddo, le dita blu, ma avevamo un piano da
seguire: avremmo piazzato dell’esplosivo sulle tubature della casa (no non mi
sembrò strano nemmeno questo) e al momento opportuno avremmo detonato le bombe
e inondando così l’intero palazzo.
Senza
nemmeno rendermene conto eravamo già sottoterra a piazzare esplosivi, ma non
sapevamo esattamente cosa sarebbe successo. Incredibile, nel giro di un giorno
ero passata dall’essere la ragazzina sfigata e col cuore spezzato, a una
stratega lucida e fredda.
Il
giorno dopo, un altro giorno uguale tra quei giorni identici, Marco ed Elena
erano seduti al tavolo di fronte al mio abbracciati e qualsiasi cosa facesse
l’uno, l’altro non interrompeva mai il contatto fisico. Lei era così perfetta
da spezzarmi, non riuscivo a leggere due righe di seguito, mi muovevo in
continuazione senza trovare una posizione comoda. Alla fine, esasperata, uscii
per prendere una boccata d’aria. Chuck era lì con una sigaretta in bocca.
«Che
c’è nervosa per sta sera?» mi chiese. Non risposi e andai dritta verso il
parco, sicuramente camminare in tondo per un po’ mi avrebbe calmata, forse.
E
invece no.
Quando
tornai dentro, vidi lo sguardo di Marco verso Elena: era uno di quelli che puoi
solo sperare di ricevere nella vita. Mi mozzò il fiato, una tenaglia mi strinse
la gola, la testa girava, ma poi mi sentii afferrare da Chuck che mi portava di
peso dove avremmo dovuto essere.
Quando
Marco ed Elena arrivarono al portone della palazzina il cuore mi si fermò. I
due scomparvero nella porta d’ingresso, e io non potevo vederli morire, non
potevo veder morire lui. Riuscii a divincolarmi dalla presa di Chuck e quando
li raggiunsi erano ancora sul pianerottolo davanti a casa di Elena. Gridai di
correre via, urlavo disperata e cercavo di tirarli via da lì, ma non mi davano
ascolto quindi scappai e quando mi volsi un’ondata d’acqua inarrestabile si
riversò su di me.
L’acqua
che mi scivolava sul collo e sulle guance era fredda, aprii gli occhi e vidi il
collo della bottiglia sopra di me e il suo contenuto sulla mia faccia.
Mi
alzai e come tutte le mattine raggiunsi la biblioteca. Mi sedetti e la vista di
quei riccioli biondi mi folgorò.
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