sabato 11 gennaio 2014

Quella maledetta bottiglia

Altro raccontino eliminato dalla scelta


Fiotti di acqua incontenibile sgorgavano e a traboccavano dalle finestre, rumore di vetri che si incrinano, mattoni che franano. Prima che potessi formulare un pensiero l’acqua era dappertutto: in bocca, negli occhi, nei polmoni.
La sera prima avevo spento la tv dopo aver guardato una puntata di un telefilm noiosissimo e assurdo, e mi ero addormentata con una sensazione strana al petto. Come sempre, quando vivi una situazione perturbante, qualsiasi elemento esterno ti riporta lì, e nella puntata in questione c’erano abusati cliché di coppie felici e amori non corrisposti. Niente di originale, sia chiaro, ma ricordava la mia di situazione.
Mi alzai la mattina dopo e come tutti i giorni raggiunsi la biblioteca dove studio: una teca di vetro immersa in un parco.
Un’ora e mezza dopo alzai lo sguardo dal libro che stavo leggendo e dei riccioli biondi catturarono la mia attenzione. Vidi una ragazza con occhi azzurri, pelle molto chiara e questi boccoli che contornavano il viso, tutta la figura rivolta verso di me aveva un ché di angelico, in quell'istante sentì qualcuno che aveva posato la mano sulla mia spalla, alzai lo sguardo e lo vidi: il sorriso a mezza luna che sembrava strapparmi il cuore dal petto ogni volta che si apriva.
«Ciao Marco»
«Hey come va? Ci prendiamo un caffè?»
«No adesso, non p…»
«Scusa, un attimo. Hey Elena! Quanto tempo» aggiunse e si avvicinò al tavolo della ragazza con i boccoli d’oro. Da quel momento in poi era come se fossi sparita. Dico proprio sparita, nel vuoto, nel nulla. Buio totale. Si susseguirono giornate in cui parlavo con lui circa cinque minuti, prima che Elena comparisse. Il cuore, i sogni ad occhi aperti, la storia della nostra vita, tutto stava andando a rotoli, almeno la vedevo così in quel momento. Vedevo il muro della mia vita perdere pezzi, sgretolarsi, e insieme a lui tutte le immagini di me.
Poi mi accorsi una mattina che Chuck, proprio lui, il personaggio più viscido di tutta la storia dei telefilm, era al bancone della biblioteca a concludere un prestito per un’anziana signora, sul momento non mi sembrò troppo strano. Non mi sembrò strano nemmeno sentire me stessa chiedergli dei consigli di cuore: dato che lui era innamorato di una tizia che stava per sposarsi, mi sembrava abbastanza ferrato sul tema degli amori non corrisposti.
Con l’onda di capelli ingellata e un sorriso obliquo, mi disse che secondo lui l’unico modo per riprendermi Marco era eliminare Elena e lui sarebbe stato dalla mia parte se avessi voluto procedere. Aveva un piano.
Ero interessata, non mi ero mai sentita così vuota, umiliata e arrabbiata: ero disposta a tutto pur di riaverlo. Quindi io e Chuck cominciammo a discutere del piano: per prima cosa era necessario scoprire dove abitasse Elena, e per questo motivo quella sera la seguimmo fino a casa.
Eravamo lì io e Chuck, intirizziti dal freddo, le dita blu, ma avevamo un piano da seguire: avremmo piazzato dell’esplosivo sulle tubature della casa (no non mi sembrò strano nemmeno questo) e al momento opportuno avremmo detonato le bombe e inondando così l’intero palazzo.
Senza nemmeno rendermene conto eravamo già sottoterra a piazzare esplosivi, ma non sapevamo esattamente cosa sarebbe successo. Incredibile, nel giro di un giorno ero passata dall’essere la ragazzina sfigata e col cuore spezzato, a una stratega lucida e fredda.
Il giorno dopo, un altro giorno uguale tra quei giorni identici, Marco ed Elena erano seduti al tavolo di fronte al mio abbracciati e qualsiasi cosa facesse l’uno, l’altro non interrompeva mai il contatto fisico. Lei era così perfetta da spezzarmi, non riuscivo a leggere due righe di seguito, mi muovevo in continuazione senza trovare una posizione comoda. Alla fine, esasperata, uscii per prendere una boccata d’aria. Chuck era lì con una sigaretta in bocca.
«Che c’è nervosa per sta sera?» mi chiese. Non risposi e andai dritta verso il parco, sicuramente camminare in tondo per un po’ mi avrebbe calmata, forse.
E invece no.
Quando tornai dentro, vidi lo sguardo di Marco verso Elena: era uno di quelli che puoi solo sperare di ricevere nella vita. Mi mozzò il fiato, una tenaglia mi strinse la gola, la testa girava, ma poi mi sentii afferrare da Chuck che mi portava di peso dove avremmo dovuto essere.
Quando Marco ed Elena arrivarono al portone della palazzina il cuore mi si fermò. I due scomparvero nella porta d’ingresso, e io non potevo vederli morire, non potevo veder morire lui. Riuscii a divincolarmi dalla presa di Chuck e quando li raggiunsi erano ancora sul pianerottolo davanti a casa di Elena. Gridai di correre via, urlavo disperata e cercavo di tirarli via da lì, ma non mi davano ascolto quindi scappai e quando mi volsi un’ondata d’acqua inarrestabile si riversò su di me.
L’acqua che mi scivolava sul collo e sulle guance era fredda, aprii gli occhi e vidi il collo della bottiglia sopra di me e il suo contenuto sulla mia faccia.
Mi alzai e come tutte le mattine raggiunsi la biblioteca. Mi sedetti e la vista di quei riccioli biondi mi folgorò.




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