lunedì 23 settembre 2013

Le tue parole erano uomini

Le fate Ignoranti_Ferzan Ozpetek (2001).

Attenzione: la seguente recensione contiene SPOILER sulla trama del film

Mi è capitato di rivedere Le fate Ignoranti di Ferzan Ozpetek. Credo sia il suo film più bello, quindi questa non sarà una recensione degna di essere pubblicata su qualche rivista perché ho appena infranto la prima regola del buon recensore: non dire mai questo film è bello questo film è brutto e così via.
Credo comunque che sia il suo film più bello, per varie ragioni. Ozpetek è stato criticato in passato per la presenza costante del "cliché"(messo tra virgolette perché non concordo sul pensiero) dell'omosessualità. Non sono naturalmente d'accordo su questo giudizio perché l'abilità di Ozpetek sta proprio nel ridarci l'amore in maniera inedita, sorprendente. Nella sua visione l'amore non conosce sesso né sessualità precisa, trascende tutto, ed è anche spesso qualcosa che si vive per poco tempo e poi lo si rimpiange per sempre.
Michele e Antonia entrano l'uno nella vita dell'altra nel peggiore dei modi possibili e nel momento di disperazione totale: Massimo l'amore della loro vita è morto, vedova del marito lei e del fidanzato lui, il ponte che li teneva separati ma collegati indissolubilmente, si spezza e loro si schiantano frantumando la fragile mebrana che separava le loro vite.
Antonia scopre sul retro di un quadro, chiamato Fata Ignorante, la dedica del fidanzato Michele che cita : 

"A Massimo per i nostri sette anni insieme, per quella parte di te che mi manca e non potrò mai avere, per tutte le volte che mi hai detto non posso, ma anche per quelle in cui mi hai detto ritornerò! Sempre in attesa, posso chiamare la mia pazienza 'amore'?". 

Già da queste brevi parole si coglie il senso di attesa, privazione, speranza e di amore che sempre agogna di essere totale ma viene ristretto nei limiti imposti dall'esterno.
Con lo scorrere della pellicola, Antonia scopre del doppio tradimento del marito, che non solo aveva un amante, ma anche che quest'ultimo fosse un uomo. Il che svela un mondo della vita interiore di Massimo completamente ignoto a lei che si sente tradita e crede di non conoscere più la persona che ha amato per tutta la vita. Antonia è ancora più sconvolta poi nell'apprendere che Massimo condivideva anche con Michele una vita intera, insieme agli amici di Michele, alcuni condomini altri no, tutti gay, tranne le donne.
Tra Antonia e Michele, c'è una curiosità e un'attrazione sempre più forte. Inizialmente si odiano per il reciproco furto di piccoli pezzi di Massimo, ma poi questo sentimento di odio sembra frantumarsi a poco a poco; una sera in cui lei mangia insieme alla compagnia di Michele verso la fine le racconta di come lui e Massimo si fossero incontrati: lui amava moltissimo Nazim Hikmet (come colei che scrive) e quel giorno stava cercando l'ultima edizione della sua opera completa e anche Massimo, la coincidenza li soroprese e da lì cominciò la loro storia. Solo dopo sette anni Michele scopre che la appassionata di poesia era Antonia, non Massimo e quello era un regalo per il loro anniversario. "Massimo non sapeva nemmeno chi fosse Hikmet" afferma Antonia con una nota di malinconia. A mio avviso Michele e Antonia sono due facce della stessa medaglia, l'uno la versione maschile dell'altra e viceversa. Sono simili ma opposti. Ho pensato che i due fossero anime gemelle. Infatti tra loro nasce un amore che trascende la sessualità di Michele, naturalmente questo non è rivelato, ed è questa una delle caratteristiche di Ozpetek che amo di più: riesce a dire moltissime cose senza spiegarle apertamente attraverso l'uso di guardi, riprese, commenti musicali. Senza che nessuno dei personaggi dica realmente cosa provi o pensi, emergono dal tutto di senso frammenti di verità ambigui, che possono essere facilmente interpretabili in modi diversi dal mio
Vorrei poi soffermarmi un momento sulla figura di Ernesto, malato di AIDS perchè amava così tanto il suo Emanuele che, afferma "volevo tutto di lui, anche la malattia", ed è una delle figure struggenti e rappresenta un leitmotiv ricorrente, onnipresente anzi, nell'opera di Ozpetek ovvero quella dell'amore perso e per sempre poi sospirato: i personaggi che non possono amare chi realmente vogliono a causa di eventi esterni come Giovanna ne la Finestra di fronte, o la Nonna in Mine Vaganti, le due condividono il rimpianto, ecco solo il rimpianto, struggente, angosciante, di un amore, e di aver passato una intera vita voltate all'indietro pensando ad esso. Ernesto condivide con queste la nostalgia dell'amore, poiché nonostante abbandonato da Emanuele non si dà pace, solo quando scopre che in realtà Emanuele non l'aveva lasciato ma era morto di AIDS, Ernesto riprende un po' di fiducia nella vita e accetta di viverla, rincuorato del fatto che i due si fossero amati realmente e  non fosse il solo ad abiare nei ricordi del loro amore.

Emblematico in questi passaggi il simbolo del bicchiere, qui viene detto, infatti, che secondo un detto turco quando cade dalle mani di qualcuno un bicchiere e si rompe, significa che egli ha perso la persona amata, e ad Ernesto cade il bicchiere che aveva in mano per brindare al ritorno di un amico Samir, causa anche della crisi nella nuova "coppia" Michele-Antonia. Infatti i due in qualche modo consapevoli di questi sentimenti vi reagiscono in maniera opposta: Michele scappa da lei finendo in un ménage a trois formato da due uomini oltre lui, Antonia invece cerca di fare un passo verso Michele regalandogli il famoso libro di Hikmet. Quando Antonia vede questo simbolico tradimento che si consuma sotto i suoi occhi, accetta di scappare in giro per l'Europa con Samir, cosa che poi non farà perché deciderà di viaggiare da sola.
Significative le parole di Michele come commiato d'addio ad Antonia: 
"Che stupidi che siamo... Quani inviti respinti, quanti sguardi non ricambiati, quante parole non dette. Molte volte la vita ci passa accanto e noi non ce ne accorgiamo nemmeno."
Che possono essere viste sia come il rimpianto di non aver vissuto appieno la sua soria con Massimo, sia la presa di coscienza che Antonia gli stia sfuggendo via senza che lui possa, o riesca a fare nulla per impedirglielo.
Credo anche che questo film sia uno dei pochi suoi con un lieto fine (sebbene sempre velato e con un'interpretazione aperta), perchè sempre nella scia del simbolismo, Michele, solo e pensoso lascia cadere il bicchiere da cui ha appena bevuto, nel frattempo immagini di Antonia che imbocca le scale mobili dell'aereoporto, e poi il bicchiere che tocca il suolo e non si rompe...

Vi lascio con le parole della poesia di Hikmet citata nel film.

 Le tue parole erano uomini
In questa notte d'autunno
sono pieno delle tue parole
parole eterne come il tempo
come la materia
parole pesanti come la mano
scintillanti come le stelle.
Dalla tua testa, dalla tua carne
dal tuo cuore
mi sono giunte le tue parole
le tue parole, madre
le tue parole, amore
le tue parole amica
Erano tristi, amare
erano allegre, piene di speranza
erano coraggiose, eroiche
le tue parole 
erano uomini.
Nazim Hikmet




A presto
Marì

2 commenti:

  1. Brava Maria, adoro questo film e adoro leggere il tuo blog!
    Se vuoi passa dal mio!

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  2. Ei Eli!!! Il tuo blog l'avevo scoperto tempo fa e avevo letto qualcosa! é molto bello! ;) un bacio e un abbraccio

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